Cyberbullismo bullyng

Cyberbullismo: come proteggere i nostri figli

Cyberbullismo: come proteggere i nostri figli

La Dottoressa Simonetta Lunati, Psicologa psicoterapeuta del Centro Aleph di Cecina – nostra ospite durante lo scorso Innovation Saturday dell’11 maggio – ci parla di cyberbullismo.

Educare responsabilmente alla tecnologia vuol dire imparare a riconoscere quali siano i reali pericoli del mondo del Web, ma non solo. Talentika crediamo che per gli educatori sia importante avere gli strumenti per capire perché e come nasca il cyberbullismo e come mettervi un freno.

Partiamo prima di tutto con il definire questo fenomeno.

Dottoressa Lunati, può dirci cos’è il bullismo?

Innanzitutto, è bene specificare come il bullismo coinvolga tre tipologie di comportamento aggressivo: la violenza fisica diretta, l’aggressività verbale e quella relazionale, anche indiretta. Quest’ultimo tipo di comportamento è caratterizzato da violenze psicologiche quali diffamazione ed esclusione. Questo avviene in un luogo, fisico e mentale, di persecuzione e violenza nel quale agiscono tre specifiche categorie: il bullo, la vittima ed il gruppo. Il bullismo si presenta come una dinamica di gruppo dove quest’ultimo manifesta tutta la sua organicità, cosicché il cambiamento di atteggiamento di una parte determina il mutamento di tutto il sistema.

Cos’è il cyberbullismo?

Con cyberbullismo (o bullismo digitale) si intende l’esercizio da parte di un minore di una qualche forma di violenza verso un suo pari, tramite l’utilizzo di strumenti digitali.

Cyberbullismo bullyng

Come si è sviluppato il cyberbullismo?

Il cyberbulllismo è frutto dell’attuale cultura globale in cui le macchine e le nuove tecnologie sono sempre più spesso vissute come delle vere e proprie estensioni del sé. Nel cyberbullismo la vittima può ricevere messaggi o e-mail dovunque si trovi e questo rende la sua posizione molto più difficile da gestire e tollerare.

Che ruolo ha il gruppo nel bullismo digitale?

Nel bullismo digitale la responsabilità può essere condivisa anche da chi visiona un’immagine e decide di inoltrarla. Il gruppo, quindi, acquisisce un ruolo ed una responsabilità diversi: la portata del gesto aggressivo assume una gravità spesso superiore.

E’ vero che il cyberbullismo è più diffuso di quanto si pensi?

Purtroppo sì. Questo fenomeno sta diventando un pericolo a cui sono esposti tutti i ragazzi e di cui diventa vittima il 6% degli adolescenti italiani. Tra questi, l’11% ha tentato il suicidio e ben il 50% ha portato a termine atti autolesionistici.

Dottoressa, perché utilizzare una celebre opera di Magritte per spiegare il bullismo digitale?

Perché con questa intuizione Magritte aveva argutamente sintetizzato il rapporto tra realtà e rappresentazione della medesima. Vivendo e ancora di più crescendo, formiamo dentro di noi una mappa. Questa mappa è un’immagine del mondo naturalmente parziale e filtrata dalla nostra storia e formazione. Ma la mappa non è il territorio! Questa mappa viene costantemente confrontata con la realtà e gli altri ci fanno da specchio. La generazione dei nostri ragazzi è quella dei cosiddetti “nativi digitali”. Silvia Vegetti Finzi, psicologa, accademica e scrittrice italiana,  ha giustamente detto che queste sono le prime generazioni che cresceranno senza sbucciature sulle ginocchia. Questo perché il loro corpo è costantemente protetto nella stanza ed è il grande assente nella relazione virtuale. Ma non lo stesso fa la mente… Il nostro compito verso i ragazzi è sostenere la loro mappa di sé stessi e del loro futuro, con esperienze di condivisione, rispecchiamento e valorizzazione.

Come prevenire il cyberbullismo?

Parlando di prevenzione ci collochiamo in pieno nell’ottica ecologica. Quest’ottica ci permette di vedere come quanto accade in cima all’ecosistema dipenda dai substrati più bassi, dagli equilibri che ne creano le basi. Come educatori, abbiamo a che fare proprio con l’immagine della pipa di Magritte, che è la mappa interna che i ragazzi costruiscono.

Da dove possiamo partire per prevenire il cyberbullismo?

Possiamo seguire i passaggi di quella che si può definire una sorta di piramide di intervento. Occorre partire dalla base, per poi arrivare in cima al nostro ecosistema, dove l’intervento e la correzione sono solo il quinto ed ultimo passo.

Alla base della piramide troviamo la costruzione dei rapporti. Quanto influisce questo aspetto sullo sviluppo del bullismo?

Alla base del bullismo c’è soprattutto la mancanza di solidi rapporti con i coetanei. Ecco perché fare amicizia riduce la probabilità di essere coinvolti in episodi di bullismo. Quindi costruire rapporti nell’ambiente e con sé stessi è fondamentale. La buona comunicazione previene infatti l’aggressività: sia quella inflitta, sia quella subita.

Come possiamo aiutare i nostri figli a costruire rapporti?

Per dare ai ragazzi un senso di convivenza sociale e civile, occorre insegnare sia a scuola che a casa la buona socialità e l’empatia. Le buone amicizie ed i buoni rapporti sono un potentissimo fattore protettivo. Nella stessa maniera è protettiva la capacità di tollerare solitudine e frustrazione. Allo stesso modo dei muscoli fisici e della resistenza alla fatica, che alleniamo negli sport, anche i muscoli mentali vanno allenati..!

Il secondo passo della piramide indica di agganciare e coltivare il rapporto con i ragazzi. Perché questo è così importante nella prevenzione del cyberbullismo?

Tenendo la metafora digitale, noi educatori dobbiamo agganciare il loro Wi-Fi! È fondamentale educare i ragazzi ad un maggior senso di responsabilità, per evitare che si trasformino in cyberbulli. Dall’altra parte è necessario lavorare sulla loro sicurezza personale, per evitare che diventino vittime, creando un  rapporto di fiducia e accrescendone l’autostima.

E’ giusto parlare con i nostri figli di cyberbullismo?

Certamente. È importante parlare chiaramente dei pericoli del web con i nostri bambini ed invitarli a segnalare eventuali vicende di cyberbullismo di cui siano a conoscenza.

Il terzo step della piramide di intervento suggerisce di ascoltare e di imparare dai nostri bambini. Cosa si intende di preciso?

Da educatori dobbiamo capire che siamo di fronte ad una trasformazione dei modelli educativi. Nelle generazioni precedenti l’adulto era detentore di sapere culturale, sociale e normativo. Al giorno d’oggi, invece, la cultura è diffusa, i cambiamenti veloci, le fonti di conoscenza sono in maniera massiccia derivanti dal web. L’adulto è quindi scavalcato, non più percepito come detentore di sapere, da accettare o criticare. Dialogo e comunicazione devono essere a doppio senso adesso più che in altri periodi storici. E’ di primaria importanza dare ai ragazzi il senso del loro e del nostro valore come interlocutori. Ed è fondamentale anche abituarli ad esprimere il loro pensiero.

Salendo nella piramide, troviamo il punto: insegnare e comunicare. Come educare i bambini ad un giusto utilizzo della tecnologia?

Oggi, mediamente dall’età di 9 anni, i ragazzi vengono dotati di uno smartphone. E’ essenziale far capire loro che l’identità digitale che si costruisce online è perenne. Ed è importantissimo spiegare loro che immagini, video e testi devono essere protetti il più possibile.

Cosa possiamo fare nella pratica per proteggere i nostri bambini dai pericoli del web?

Sul fronte pratico, è possibile adottare alcuni accorgimenti sia a casa che a scuola. Per esempio possiamo tenere il computer in una posizione centrale della casa così da controllare sullo schermo quello che il minore condivide online, anche quando non è sotto i nostri occhi. Questo significa, da parte dei genitori, prendere maggiore confidenza con i mezzi usati dai figli.

In aggiunta possiamo chiedere ad un amico, ad un fratello o ad una sorella più grande di accompagnare il ragazzo durante le sue attività di navigazione. Così facendo il minore potrà eventualmente avere una persona con la quale confidarsi. Inoltre, fino a 14 anni dobbiamo insegnare loro ad avere un nickname di fantasia ed un indirizzo di posta elettronica con password condivisa con il genitore.

Oltre a ciò, è fondamentale prestare attenzione (sempre nell’ottica ecologica…) a tutti i mezzi di comunicazione! Dobbiamo sapere che la visione di contenuti violenti, razzisti, omofobi e pornografici in tenera età può provocare nei bambini un abbassamento di soglia di sensibilità. Questo li può portare, durante la fase adolescenziale, ad avvertire e gestire molto più difficilmente eventuali abusi.

Siamo arrivati al quinto ed ultimo tassello: intervenire e correggere. Cosa fare se sospettiamo che nostro figlio sia vittima di bullismo?

Per bambini e ragazzi rivolgersi ai genitori può non essere facile. Molto spesso possono essere pesantemente travolti dalla vergogna, soprattutto se, come accade spesso, i contenuti denigratori hanno a che fare con la sessualità e con il corpo. E’ importante mostrarsi aperti e disponibili ad accogliere le comunicazioni senza agitarsi e senza sgridare, cercando di comprendere e non di giudicare.

Come dobbiamo agire in questi casi?

Bisogna intervenire a seconda della gravità dei fatti. Se si tratta di comportamenti gravi, in cui si configura un reato (che magari coinvolge immagini pedopornografiche), è necessario avvisare le forze dell’ordine, per evitare di diventare complici del crimine. Una legge recentissima permette di richiedere che i contenuti diffusi sui social vengano cancellati. Si tratta della legge 71/2017 “Disposizioni a tutela del minore per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”.

Cosa fare se il cyberbullismo è operato in ambiente scolastico?

Spesso capita che gli episodi di cyberbullismo non siano di gravità estrema e che abbiano come sfondo l’ambiente scolastico e le relazioni tra compagni. In questi casi è necessario coinvolgere la scuola ed informare gli insegnanti per stabilire una strategia di intervento condivisa. Se, nonostante la richiesta di intervento, non dovesse succedere niente o se le reazioni fossero inadeguate o insufficienti, è bene rivolgersi ad uno psicologo per aiutare l’adolescente ed evitare conseguenze più gravi.

Cosa fare se sospettiamo che nostro figlio sia un cyberbullo?

Innanzitutto è importante tenere a mente come giudicare e sgridare, soprattutto all’inizio, sia poco utile. Meglio prima capire quale sia il motivo e chiedere se sia consapevole del male che sta provocando. Spesso, infatti, i ragazzi non sono consapevoli della sofferenza che suscitano nelle vittime. Il vero recupero e l’elaborazione avviene solo se si passa dal senso di colpa all’empatia, se cioè il ragazzo arriva a mettersi nei panni della vittima.

Cosa fare se nostro figlio fa parte della massa che fa da spettatore e condivide sui social i contenuti denigratori?

E’ importante rendere consapevole il ragazzo che anche il suo comportamento può provocare dei danni gravi. Bisogna fargli capire che quello che sembra uno scherzo è un reato se si divulgano immagini lesive o private di una persona senza il suo consenso. Anche in questo caso, con il dialogo e la riflessione bisogna far sì che il ragazzo riesca a mettersi nei panni della vittima.  Solo così, di fronte a contenuti denigratori, eviterà di condividerli e, anzi, li bloccherà.

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